Dietro ogni fuorionda c’è un giornalista e dietro ancora un uomo, con i suoi dilemmi e scelte di vita. A Gaza tutto ciò vale doppio.
42 anni, Israele gli bombarda la casa nel 2023, la famiglia, moglie e tre figlie si salva e va in Egitto. Lui davanti ad una scelta difficile, sofferta, continua ancora oggi a fare il corrispondente da Gaza per il canale Al Araby. Da un anno non vede la sua famiglia.
Questo è la video intervista esclusiva che ci ha rilasciato uno dei corrispondenti di Al-Araby TV dalla Striscia di Gaza, Abdullah Miqdad.
Miqdad descrive l’ultimo anno della sua vita, dicendo:
“I momenti di guerra sono stati difficili, non ci sono stati momenti belli. Abbiamo vissuto mesi di dolore, sofferenza, tragedie e crisi. Sono stati tutti momenti di dolore molto difficili”.
LIVE: Non sapeva che la casa presa di mira fosse quella della sua famiglia.
Ma il dolore personale rimane il più devastante. Abdullah racconta il momento in cui la sua casa è stata bombardata, senza sforzarsi di ricordare momenti che ricorda bene e che non saranno mai cancellati dalla sua memoria.
Abdullah era in diretta dalla Striscia di Gaza , dove forniva il consueto briefing sulla situazione sul campo della guerra, in un momento in cui l’occupazione stava lanciando i soliti violenti raid.
Nel suo collegamento live, affermò:
“È stata presa di mira una casa residenziale nella zona di Nuseirat, nella Striscia di Gaza centrale”.
A distanza di tempo spiega : “Nella mia cronaca, avevo riferito che era stata presa di mira una casa residenziale nel campo di Nuseirat, ma non sapevo di parlare della casa in cui vive la mia famiglia”.
Dopo aver terminato il suo messaggio in onda, ricevette una chiamata che lo informava che tutti i membri della sua famiglia erano stati estratti da sotto le macerie della casa completamente distrutta dai bombardamenti.
I momenti più duri della guerra
Miqdad racconta: “Uno dei momenti più difficili è quando ricevo notizie come questa, quando i miei figli escono dalle macerie. Hanno tutti vissuto lo shock dei bombardamenti e il disturbo da stress post-traumatico, che ha lasciato in loro gravi conseguenze psicologiche”.
DIFFICILI DECISIONI DI VITA
Il giornalista si è trovato di fronte a due difficili decisioni e afferma:
“Lasciare il lavoro e andare a trovare la mia famiglia, oppure continuare il viaggio per trasmettere la verità e raggiungere ogni angolo, strada, vicolo e casa del settore”.
Di fronte a un cumulo di macerie che un tempo era la casa di Abdullah Miqdad, il giornalista si ferma e riflette su ciò che la guerra ha fatto alla casa in cui viveva prima dell’inizio della guerra israeliana nella Striscia di Gaza.
Con il cuore pesante, dice: “Ogni angolo di questo posto custodisce un ricordo, ogni angolo di questo posto custodisce un’immagine, un momento”. E aggiunge: “Persino i giocattoli che ho comprato per i miei figli quando erano piccoli sono ora sepolti sotto questo enorme cumulo di macerie”.
2017: il misterioso arresto di Abdallah
Verso le 14:30 di domenica 7 maggio 2017, ignoti hanno arrestato il giornalista Abdullah Issa Ibrahim Miqdad (33 anni), corrispondente dell‘agenzia di stampa Ma’an, nei pressi di Sheikh Radwan Pool, a ovest di Gaza City.

Stava tornando a casa del suo collega Ahmed Abu Khousa in taxi. Una Jeep Tucson bianca ha bloccato il percorso del taxi. Tre uomini in abiti civili sono scesi dalla Jeep e uno di loro gli ha rubato il cellulare. Due di loro sono saliti sulla Jeep e se ne sono andati, mentre il terzo è rimasto con Miqdad e l’autista. Circa un’ora dopo, la Jeep è tornata, ha restituito il telefono a Miqdad, ha preso i dati dell’auto e il numero di telefono dell’autista e ha intimato loro di andarsene.

Miqdad ha riferito che gli individui si sono identificati come appartenenti a un’agenzia di sicurezza, ma le ragioni che li hanno spinti a farlo sono sconosciute




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