Omaggio a Shireen Abu Aklen uccisa tre anni fa a Jenin

Fonte: Valigia Blu

https://www.valigiablu.it/chi-ha-ucciso-abu-akleh-giornalista-al-jazeera/

L’11 maggio di tre anni fa la giornalista di Al Jazeera Shireen Abu Akleh, fu uccisa mentre stava seguendo un’operazione dell’esercito israeliano in un campo profughi di Jenin, in Cisgiordania. Morì poco dopo essere stata colpita alla testa da un proiettile.

Ora il documentario “Who Killed Shireen?”, prodotto dalla società statunitense Zeteo, offre nuove prove sull’omicidio della giornalista e sostiene di aver identificato il soldato israeliano che ha ucciso Abu Akleh. Si tratterebbe di un soldato di 20 anni, Alon Scagio, che aveva iniziato a prestare servizio per la prima volta in Cisgiordania proprio nel 2022, per poi essere trasferito a un’altra unità e poi rimanere ucciso, colpito da un esplosivo a Jenin nel 2024, secondo quanto riferito dai registi del documentario.

“La responsabilità penale lungo tutta la catena di comando è l’unica via per ottenere giustizia. Shireen Abu Akleh era una cittadina americana e una giornalista, e gli Stati Uniti hanno la chiara responsabilità di indagare in modo approfondito e rapido sulla sua uccisione e di punire i responsabili”, ha dichiarato Jodie Ginsberg, CEO del Comitato per la protezione dei giornalisti (CPJ) “Questi ritardi sono inaccettabili. L’incapacità degli Stati Uniti di proteggere i propri cittadini e i giornalisti in tutto il mondo permette che questi omicidi continuino a rimanere impuniti”.

ALMENO 20 I GIORNALISTI UCCISI DA IDF IN 22 ANNI

Nel maggio 2023, il rapporto “Deadly Pattern” del CPJ ha mostrato che in 22 anni i membri dell’IDF hanno ucciso almeno 20 giornalisti. Nonostante le numerose indagini dell’IDF, nessuno è mai stato incriminato per queste uccisioni. L’impunità sistematica è continuata anche nella guerra attuale a Gaza, prosegue il CPJ: “l’IDF non ha condotto alcuna indagine penale su almeno 174 giornalisti palestinesi e libanesi uccisi dall’inizio della guerra tra Israele e Hamas il 7 ottobre 2023, anche in casi in cui esistono prove significative di crimini di guerra.

I giornalisti uccisi nel conflitto Israele-Hamas
“La mancata conduzione di indagini complete e la mancata assicurazione alla giustizia dei responsabili dell’uccisione di Shireen Abu Akleh e di altri 19 giornalisti uccisi da Israele prima del suo omicidio ha di fatto dato a Israele il permesso di mettere a tacere altre centinaia di persone”, osserva ancora Ginsberg.

Diverse indagini hanno concluso che Abu Akleh è stata uccisa dall’IDF, che ha affermato che le sue truppe si trovavano nella zona “per arrestare sospetti di attività terroristiche”. Alcune analisi, tra cui quella della CNN, hanno affermato che ci sono prove che Abu Akleh sia stata deliberatamente presa di mira.

Chi ha ucciso la giornalista palestinese-americana Shireen Abu Akleh?
L’IDF ha concluso nel 2022 che vi era un’alta probabilità che Abu Akleh fosse stata uccisa “accidentalmente” dalle forze israeliane, ma ha rifiutato di aprire un’indagine penale sull’omicidio.

“Indipendentemente dal fatto che l’identità del soldato sia nota o che sia vivo o morto, ciò non cambia il fatto che Shireen è stata deliberatamente presa di mira e uccisa, e che ciò è avvenuto all’interno di un sistema che consente l’impunità”, ha dichiarato al CPJ la nipote della giornalista, Lina Abu Akleh.

“La responsabilità non può fermarsi a un nome o a un volto. La giustizia esige che l’intera catena di comando – coloro che hanno dato gli ordini, coloro che hanno insabbiato il caso e coloro che continuano a negare ogni responsabilità – sia chiamata a rispondere delle proprie azioni. Solo allora potrà esserci qualche speranza di chiudere definitivamente la vicenda, non solo per Shireen, ma per tutti i giornalisti e le famiglie che cercano la verità”, ha aggiunto Lina Abu Akleh.

Shireen Abu Akleh aveva 51 anni ed era una giornalista molto nota in Medio Oriente: lavorava come corrispondente per Al Jazeera dalla Palestina da 25 anni e si era sempre occupata di raccontare l’occupazione israeliana e le rivolte palestinesi fin dalla seconda intifada, iniziata nel 2000. Era nata a Gerusalemme e viveva tra Gerusalemme e Ramallah, in Cisgiordania, dove era nota per i suoi reportage televisivi. Aveva vissuto negli Stati Uniti dove aveva ottenuto la cittadinanza statunitense per via di una parte della famiglia materna residente nello stato del New Jersey.

Il giorno in cui fu uccisa Abu Akleh si trovava a Jenin, che si trova nel nord della Cisgiordania, per documentare un’operazione militare israeliana volta ad arrestare «sospetti terroristi» palestinesi.

Insieme a lei c’era un altro giornalista palestinese di Al Jazeera, Ali al Samoudi, che fu ferito da un proiettile alla schiena e che in seguito raccontò quello che era successo: «Stavamo andando a riprendere l’operazione militare israeliana quando improvvisamente siamo stati colpiti senza che ci venisse chiesto di smettere di riprendere. Il primo proiettile ha preso me, il secondo Shireen».

Sia Al Samoudi che altri giornalisti presenti a Jenin quel giorno avevano detto di essere stati bersagliati da diversi colpi d’arma da fuoco sparati contro di loro nonostante fossero riconoscibili come giornalisti perché indossavano giacche con la scritta Press (“Stampa”) ed elmetti di protezione. Avevano anche detto che al momento degli spari i giornalisti si trovavano in un posto in cui non c’erano guerriglieri palestinesi, e accusato i soldati israeliani di aver sparato deliberatamente contro di loro.


Inizialmente le autorità israeliane aveva smentito categoricamente ogni coinvolgimento del proprio esercito nell’uccisione di Abu Akleh, e sostenuto che fosse stata uccisa da un proiettile sparato dagli stessi palestinesi verso i soldati israeliani, che avrebbe colpito casualmente la giornalista.

Per questo motivo l’esercito israeliano aveva deciso che la polizia militare, cioè il suo organismo interno che si occupa di presunti reati compiuti dal personale dell’esercito, non avrebbe aperto nessuna indagine penale sulla morte di Abu Akleh. Solo a settembre l’esercito israeliano aveva ammesso per la prima volta la possibilità che Abu Akleh fosse stata uccisa «accidentalmente» da proiettili sparati «contro persone sospettate di essere palestinesi armati, nel corso di uno scontro a fuoco», ma aveva comunque specificato che rimaneva la possibilità che il proiettile fosse stato sparato da un palestinese.

Un’indagine condotta dall’Autorità Nazionale Palestinese, l’organismo politico di governo della Palestina, aveva invece concluso che fossero stati i soldati israeliani ad aver ucciso la giornalista.

Al Jazeera successivamente aveva detto di aver ottenuto alcune immagini del proiettile: dopo averle analizzate aveva concluso che fosse di calibro 5,56 millimetri, di produzione americana e compatibile con quelli normalmente usati dall’esercito israeliano. Anche un’indagine dell’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani (OHCHR) aveva concluso nello stesso mese che Abu Akleh era stata uccisa da un soldato israeliano, basandosi su materiale fotografico, video, audio e sull’ispezione dei luoghi dell’attentato.

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